Su parecchi giornali è riportata la condanna in Argentina dell’angelo biondo, Alfredo Astiz, per crimini contro l’umanità. Sarà perché era biondo e con lineamenti diciamo dolci o forse perché, grazie alle sue capacità e al suo aspetto angelico, si infiltrava fra i gruppi che chiedevano giustizia per i loro cari scomparsi fingendosi uno di loro (successe ad esempio con le Madres) per poi rapirli, torturarli e ammazzarli, ma la sua condanna desta più interesse che quella degli altri. Dei 18 imputati, 12 hanno avuto l’ergastolo e non importa se ormai sono vecchi: hanno tutti fra i quasi 60 e i 90 anni. Intanto l’Argentina ha avuto il coraggio di fare i conti con il suo passato. Il terrore di stato è stato condannato con buona pace di chi, appena ripristinata la democrazia – il presidente Raúl Alfonsin non senza pressioni influenti eh – stoppò i processi con le famose leggi del Punto Final e Obediencia Debida (il figlio 60enne dell’ex presidente si è presentato alle elezioni presidenziali che si sono svolte il 23 ottobre scorso e ha perso). Con buona pace di chi ha esteso indulto e amnistia durante i suoi mandati (il presidente Carlos Menem che voleva radere al suolo anche la caserma della ESMA – il più simbolico luogo delle torture e su cui si è svolto il processo – per fare un monumento alla “riconciliazione nazionale” e per fortuna che non gli è stato permesso e così oggi la ESMA è un museo). Con credito politico di chi ha riaperto nel 2003 i processi e tolto l’amnistia (l’ex presidente Néstor Kirchner, la cui moglie e vedova, Cristina Fernandez, ha vinto con stragrande maggioranza le elezioni presidenziali del 23 ottobre riconfermandosi per la seconda volta presidenta). Con soddisfazione di chi era dentro e fuori l’aula di tribunale aspettando la sentenza e che ha dichiarato cantando che 30mila desaparecidos da ora e per sempre sono presenti nella storia.
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