Precari, arrangiatevi!

L’incongruenza. Leggo un articolo nel quale si riporta l’intervista al sociologo del lavoro Domenico De Masi. Cerco di non essere prevenuta. Cerco di controllare il mio umore cullandomi nell’idea che alla fine oggi è venerdì. L’articolo, lungo e ricco di dati proprio come piaceva al mio direttore (“non si scrive nulla se non è suffragata da un numero”, del resto era un quotidiano finanziario – rispondeva l’analista a bassa voce “tu dammi i numeri, dimmi quello che vuoi scrivere e io ti faccio il grafico che ha senso”…) verte su: lavoro precario, alta disoccupazione giovanile, voglia di fuga (di cervelli e non), trentenni che guadagnano meno di 1000 euro al mese, tanti trentenni che sono costretti a rimanere a casa coi genitori etc etc. Poi ci sono anche questi Neet (Not in education, employment or training), acronimo che rende l’articolo-analisi più autorevole dando questo tocco di scientificità nordamericana. Padoa Schioppa e Brunetta vengono rispettivamente criticati.

Si esortano i giovani a ribellarsi: “l’unico modo per uscire dall’impasse è ribellarsi, anche perché le soluzioni sono solo due: o uno cade nella depressione o nella rivoluzione”. yeah. “I giovani devono essere rivoluzionari, serve un po’ più di incazzatura”. yeah-yeah. “Per esempio, dopo quello che Brunetta ha detto, non potrebbe più camminare per strada come se niente fosse, i giovani avrebbero dovuto avere una reazione più forte e dire: ma come, ci fate stare senza lavoro e poi ci dite che siamo i peggiori?” yeah-yeah-yeah. “Reazione e forza intellettuale, altrimenti qui finisce male e tra un paio di anni si parlerà di una generazione di barboni, di dropout”. Effettivamente sono anni che ci diciamo che siamo dei disadattati, ma non so se abbia lo stesso significato del dropout. In ogni modo io penso a Gramsci, a “ragazzi agitatevi!”

Sì, oggi è proprio un bel venerdì, c’è anche il sole. Alla fine dell’articolo compaiono i virgolettati di un certo Buzzi (e chi è? Un altro sociologo, si sono dimenticati di dire chi è quest’aquila) che dice che però la situazione non è drammatica. Alla fine la generazione di questi trentenni sarà più povera di quella precedente, ma la generazione precedente ha accumulato benessere che i trentenni precari e sfigati di oggi potranno ereditare, ma questo durerà massimo una generazione. E quindi la vera scommessa da vincere è quella delle prossime generazioni. Caro Buzzi, alla fine stai dicendo: questi poveri cretini, sta monnezza, sti precari (ma che alla fine non si sbattono nemmeno molto come dice il direttore di Radio Popolare Danilo De Biasio e che manco si iscrivono ai sindacati o si fanno rappresentare da un partito, vuoi suggerircene uno tu De Biasio?), ormai sono perduti. Molliamoli lì e pensiamo al dopo. Buzzi, ma le mie sorelle che sono venticinquenni sono già la generazione dopo la mia? Così per capire se a loro potrà andare meglio che a me, che tanto non conto nulla avendo superato i trenta.

ps: non riesco a mettere i link che sono: http://www.lettera43.it/attualita/19367/la-meglio-gioventu-precaria.htm e poi imperdibile http://www.radiopopolare.it/fileadmin/notiziario/micap_2_22_06_2011.mp3

 

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