Oh, Chaco

Per fortuna non sono nata ad ottobre e nemmeno il 12. Nel giorno della scoperta dell’America mi piace ricordare che anche in Argentina resistono delle comunità indigene. Alcune di queste popolazioni del nord dell’Argentina stanno lottando, per la verità insieme a contadini creoli, per avere la terra che è stata loro sottratta (usiamo parole diplomatiche) alla fine dell’Ottocento. Di solito si ricorda la feroce campagna contro gli indios del sud, ma anche nella zona di Salta – la “conquista del Chaco” – sono stati attaccati e in buona parte uccisi. Parliamo dei Qom, Pilagá, Mocoví, Wichí, Chorotes, Chulupies, Tapietes, Guaycurúes, Lules, Vilelas e Tonocoté.
La Red Agroforestal Chaco Argentina (Redaf) ha rilevato che è in atto una nuova avanzata sul territotio degli originari abitanti della zona. Dal 2000 ad oggi si parla di 164 conflitti che hanno come rivendicazione la terra e la preservazione dell’ambiente. Le dimensioni territoriali su cui si stanno facendo i giochi ammontano a circa 8milioni di ettari e 950mila persone, la maggior parte delle quali sono indigene e contadine che abitano nelle sei provincie del nord dell’Argentina. L’89% dei conflitti si è generato a seguito del cambiamento del modello agricolo della zona (e non solo quella), di cui l’emblema è la coltivazione di soia transgenica. Sulla soia ogm si possono ricordare mille articoli e scazzi, diciamo così, con il Brasile e una storiella che mi ha raccontato mio zio quest’estate che è venuto a fare un salto nella vecchia Europa. Un’amica d’infanzia di mio padre e dei miei zii ha un terreno abbastanza grande in Patagonia dove ha un allevamento di mucche. A seguito di un’improvvisa necessità di denaro per curare suo fratello ha acconsentito a usare parte del terreno per coltivare soia. Credo che questo dia l’idea dell’importanza che ha la soia in Argentina, senza dimenticare la presidente Kirchner che è volata recentemente in Cina a stringere rapporti commerciali proprio per l’esportazione di soia visto che i cinesi temevano una riduzione delle loro entrate a causa degli incendi in Russia.
Tornando al Chaco, la Redaf scrive che la radice dei conflitti sulla terra è la disputa per l’uso e il controllo dello spazio territoriale a partire dall’imposizione di una cultura sull’altra. Da un lato quello che chiamano “agronegocio”, per il quale la terra è uno spazio per produrre e fare affari, e dall’altro la cultura indigena e contadina, per la quale la terra è uno spazio di vita.
Nel 1997 sono state raccolte 11milioni di tonnellate di soia e sono stati usati 6milioni di ettari. Nel 2007 sono state raccolte 47milioni di tonnellate e sono stati usati 19milioni di ettari (la metà della superficie coltivabile del paese). Nel 2007, il Governo di Salta ha firmato un accordo in base al quale si è impegnato per redistribuire 643mila ettari (400mila agli indigeni e 243mila ai creoli). Il Redaf avverte che i trasferimenti dei titoli sono attesi da tempo. Per non parlare della costruzione del ponte sul fiume Pilcomayo con approvazione del governo nazionale senza consultare le comunità della zona. Il ponte serve a facilitare il commercio nel Mercosur, ma si estende e taglia il territorio abitato dalle varie comunità indigene.
Il Redaf continua dicendo che si tratta di una lotta per conservare un’identità, per mantenere un modo di vivere e di produrre. La terra è un bene sociale e non un bene economico, una parte costitutiva della loro visione del mondo e della loro religiosità.
sito Redaf

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