Vik

13/04/2011. Ultimo post sul blog di Vittorio Arrigoni. Che dire? Niente. Ormai tutto quello che mi succede attorno riesce a suscitare solo rabbia. In questo caso direi anche impotenza. Sono stata a leggere i più disparati articoli e resoconti del rapimento, della morte, delle rivendicazioni, dell’arresto prendendo da qua e da là e leggevo soppesando ogni termine, ogni parola. Leggevo nella cronaca – perché solo barbara e asettica cronaca ho trovato nei giornali – e dentro di me stavo cercando chissà cosa. Vittorio è un pacifista, un attivista, un giovane, un imprudente, un blogger… sto prendendo nota delle definizioni che gli vengono affibiate. E’ semplicemente una persona che si è messa in gioco, ma per davvero.  Ripenso a me a Gaza, sono passati alcuni anni, ma ogni volta che mi tornano in mente quei momenti, non riesco mai a trattenere la raffica di emozioni che mi atterrano e sommergono. Guardo le sue foto sulle barche e ripenso a me sulla spiaggia di Gaza City sotto uno dei tre ombrelloni presenti. Un ombrellone con gli spicchi colorati. Un paio di spicchi erano rotti e svolazzavano pezzi di stoffa al vento. Ero seduta su una sedia di plastica rosa confetto  con un the bollente in mano e guardavo l’orizzonte. Sotto un altro ombrellone c’era una coppia di palestinesi. Lei mi sorrideva, mentre una trentina fra uomini, ragazzi e bambini tiravano a riva una rete sperando di trovarci dei pesci. A Gaza non si può pescare con le barche. Si lanciano le reti e si vede cosa si raccatta (almeno questo era il metodo qualche anno fa).  Quello che ricordo bene è che i volti dei pescatori erano sorridenti e che quella situazione persecutoria di un popolo non è ancora riuscita a far cancellare l’umanità. Beh, alla fine anche io e la tipa, il cui fidanzato si era già unito al gruppo, siamo andate a tirare sta rete. Non abbiamo pescato praticamente niente e ci siamo bagnati tutti con l’acqua fredda del mare del 2 gennaio 2005. Bene, come scrive Vik alla fine di ogni post: stay human.

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