Il vento spira, il vento spazza via, il vento fa impazzire, il vento pulisce… Non so come mai, ma mi sono fatta distrarre dalle proprietà del vento. Milano è notoriamente una città dove il vento non esiste: abbiamo la cappa mortale proprio perché di vento non ce n’è. Quando quindi soffia il vento, c’è grande stupore. Ma cos’è il vento? Wikipedia spiega che il vento è l’esito di moti convettivi (verticali) ed advettivi (orizzontali) di masse d’aria in atmosfera. E’ un fenomeno naturale che consiste nel movimento ordinato, quasi orizzontale, di masse d’aria da zone ad alta pressione (anticicloniche) a zone di bassa pressione (cicloniche). Ci sono diversi tipi di venti:
– i venti costanti che soffiano tutto l’anno sempre nella stessa direzione e nello stesso senso (la classe politica italiana);
– i venti periodici che invertono periodicamente il loro senso (l’opposizione);
– i venti locali che soffiano irregolarmente quando si vengono a creare zone cicloniche e anticicloniche spesso legati alla nomenclatura locale (gli apparentamenti elettorali: qua sto da solo e ti odio, là ti sostengo e ti amo, altrove faccio finta di non esistere e mi infilo in una lista civica).
Un’altra importante classificazione dei venti provenienti dal largo (foranei), relativa alle condizioni locali di ciascun luogo al quale ci si voglia riferire (singole città o regioni, o macro-aree ancora più estese), è la seguente:
– venti regnanti che presentano un’alta frequenza di apparizione (lui, quello che inizia per “b” e non va alla festa dell’unità);
– venti dominanti che sono caratterizzati da alte velocità (l’opposizione all’interno dell’opposizione ogni volta che ha un successo elettorale – già cosa rara in sè).
Oltre al vento pensavo anche a un numero, il 48, ma non è quello dei matti?
Vik
13/04/2011. Ultimo post sul blog di Vittorio Arrigoni. Che dire? Niente. Ormai tutto quello che mi succede attorno riesce a suscitare solo rabbia. In questo caso direi anche impotenza. Sono stata a leggere i più disparati articoli e resoconti del rapimento, della morte, delle rivendicazioni, dell’arresto prendendo da qua e da là e leggevo soppesando ogni termine, ogni parola. Leggevo nella cronaca – perché solo barbara e asettica cronaca ho trovato nei giornali – e dentro di me stavo cercando chissà cosa. Vittorio è un pacifista, un attivista, un giovane, un imprudente, un blogger… sto prendendo nota delle definizioni che gli vengono affibiate. E’ semplicemente una persona che si è messa in gioco, ma per davvero. Ripenso a me a Gaza, sono passati alcuni anni, ma ogni volta che mi tornano in mente quei momenti, non riesco mai a trattenere la raffica di emozioni che mi atterrano e sommergono. Guardo le sue foto sulle barche e ripenso a me sulla spiaggia di Gaza City sotto uno dei tre ombrelloni presenti. Un ombrellone con gli spicchi colorati. Un paio di spicchi erano rotti e svolazzavano pezzi di stoffa al vento. Ero seduta su una sedia di plastica rosa confetto con un the bollente in mano e guardavo l’orizzonte. Sotto un altro ombrellone c’era una coppia di palestinesi. Lei mi sorrideva, mentre una trentina fra uomini, ragazzi e bambini tiravano a riva una rete sperando di trovarci dei pesci. A Gaza non si può pescare con le barche. Si lanciano le reti e si vede cosa si raccatta (almeno questo era il metodo qualche anno fa). Quello che ricordo bene è che i volti dei pescatori erano sorridenti e che quella situazione persecutoria di un popolo non è ancora riuscita a far cancellare l’umanità. Beh, alla fine anche io e la tipa, il cui fidanzato si era già unito al gruppo, siamo andate a tirare sta rete. Non abbiamo pescato praticamente niente e ci siamo bagnati tutti con l’acqua fredda del mare del 2 gennaio 2005. Bene, come scrive Vik alla fine di ogni post: stay human.